Star Wars Jedi: Survivor arriva in un momento in cui, purtroppo, si è arrivati alla saturazione di mercato dell’IP più famosa di tutti i tempi. Disney ha per le mani una gallina dalle uova d’oro e lo sa benissimo, ma purtroppo sta sbagliando quasi tutti i colpi in canna, allontanando pericolosamente i fan di vecchia data, ma soprattutto facendo perdere a “Guerre Stellari” la caratura di grande evento che si portava dietro in ogni nuova iterazione del franchise.
TROPPO SPESSO, IN UNA GALASSIA LONTANA LONTANA...
The Mandalorian è diventato troppo sdolcinato nella sua terza stagione; le peripezie di Boba Fett e Obi-Wan danno il senso di storie secondarie senza mordente e l'entusiasmo per la prossima ondata di film sembra, nella migliore delle ipotesi, tiepido. Fortunatamente, fra le tante direzioni sblagliate, sembra finalmente emergere la via giusta dove incanalare le potenzialità delle vicende degli Skywalker, ossia in un videogioco, per quanto strano possa sembrare. Con grande sicurezza ci sentiamo di dire che la saga Jedi sia una delle cose migliori accadute alla serie da anni e, senza dubbio, il miglior gioco di Star Wars moderno.
Ad una prima occhiata il gioco del talentoso team di Respawn Entertainment sembra che rientri esattamente nella comfort-zone dei canoni di Star Wars: il talentuoso jedi con un potenziale non sfruttato, il fedele compagno droide e la combriccola colorita, dipingono sicuramente il più classico dei quadri, ma c'è di più in Cal Kestis. Jedi: Survivor non teme di essere considerato il capitolo più oscuro della storia di Star Wars, con una storia ed una lore che fonde perfettamente momenti di drammatica epicità col classico umorismo caratterizzante.
Non è una storia sulla lotta all'Impero quanto sul far fronte al suo dominio, arginarlo e limitarne gli effetti, in qualche modo. Ci si trova a riflettere sull'inutilità della ribellione e si mette spesso in discussione ciò per cui combatte. Il modello di narrazione della saga a cui il gioco si sente più vicino è Andor, sebbene non sia così ambizioso o cinico nella sua narrazione. Sfortunatamente, gli ottimi spunti ed i profondi dubbi interiori passano in secondo piano nel mezzo della storia, mentre Cal Kestis e compagni saranno occupati nel combattere il più classico dei malvagi dalla spada laser rossa, ricordandoci, comunque che, nel bene e nel male stiamo pur sempre parlando di un Uncharted nello spazio anche con i dovuti limiti rispetto all’opera di Naughty Dog.
Non a caso citiamo la punta di diamante delle produzioni di casa Sony per descrivere la fonte di ispirazione del gioco: siamo davanti letteralmente a quella che più si avvicina e meglio prende spunto dai pilastri dei giochi Playstation Studios! C’è una gran bella evoluzione da Fallen Order a Jedi: Survivor, mentre nel primo capitolo si partiva dalle basi rese famose dai giochi Naughty Dog, nel secondo capitolo tutto ha un respiro più ampio, sia le mappe, che il level design che il gameplay; si passa così ad intraprendere il modus operandi del nuovo corso di God Of War, e quindi allo stile di Santa Monica, (non per niente il director del gioco, Stig Asmussen è stato precedentemente director di God Of War 3!) Un vero e proprio tributo agli action-adventure made in Sony! Sì, Cal si arrampica su edifici fatiscenti e oscilla sulle corde, ma fa anche doppi salti, scatti aerei, corse sui muri adoperando rampini dappertutto. Grazie all’ottimo map design, con aree vaste e liberamente splorabili, c'è un rapporto quasi uguale tra combattimento e fasi platform, ed entrambe le cose risultano divertenti e sufficientemente approfondite, in questo nuovo capitolo.
In un certo senso Respawn ha resuscitato il platform 3D ad alto budget, ed è fantastico. Gran parte dello spirito platform di Jedi: Survivor si fa sentire nel pianeta Koboh, una terra di frontiera nel bel mezzo di una guerra tra assaltatori e predoni che brandiscono droidi riprogrammati. Potreste essere sorpresi di scoprire che metà (se non di più) del gioco si svolge su Koboh, ma questo perché contiene più mappe a grandezza naturale, missioni secondarie, aree segrete, stanze puzzle e battaglie con boss opzionali. Il gioco risulta molto più profondo rispetto al primo capitolo, ampio e pieno di possibilià, pur non arriviamo mai dalle parti dell’open world, ma bensì una sandbox open-map stile, appunto, God Of War ed il suo “Lago Dei nove” per intenderci. Il tutto è simile ad una raccolta di livelli lineari collegati da un hub centrale come i raggi di una ruota: essenzialmente un platform in stile PS2 senza schermate di caricamento.
Parlando dei contenuti, Respawn ha realizzato una dozzina di missioni secondarie e cacce alla taglia che ti portano in angoli meno esplorati della mappa. A volte le missioni secondarie, mai troppo profonde o interessanti, arrivano con un l’avanzamento della storia, in un locale di Koboh, ma spesso si riducono ad una scusa per fare immersioni o esplorare alla ricerca di tesori o cacce di droidi particolarmente cattivi in libertà. I premi di solito sono vantaggi deludenti come un nuovo paio di pantaloni o piccoli aggiornamenti della barra della salute, ma i mini dungeon e gli enigmi ambientali di Koboh sono molto più divertenti e soddisfacenti. Molto divertente in questo capitolo è la totale personalizzazione del nostro eroe: Cal può essere vestito con qualsiasi combinazione di armature, camicie, giacche, pantaloni ed addirittura acconciature! Allo stesso modo, la spada laser, il blaster e lo stesso BD-1 possono essere personalizzati con dozzine di parti e materiali diversi. I dettagli sono splendidi ed i fan di Star Wars troveranno potranno sollazzarsi con la varietà e la lore di ogni singolo uno pezzo di spada laser personalizzabile. Non sapremo mai, nel bene e nel male, se il prossimo forziere che Cal aprirà conterrà un aggiornamento permanente, nuove orecchie per BD-1 o baffi a manubrio.
Un grande motivo per cui andare in giro è così divertente, è che il backtracking è estremamente facile e veloce. In Fallen Order, la frequenza dei viaggi di ritorno significava che dovevo affrontare gli stessi combattimenti e arrampicarmi negli stessi luoghi quattro o cinque volte. Jedi: Survivor accelera le cose con viaggi veloci tra i checkpoint e molte più scorciatoie.
La via della Spada... Laser!
L'unico aspetto di Jedi: Survivor che non è stato reinventato, ma non aveva davvero bisogno di esserlo, è il combattimento. È stato migliorato, tuttavia, ed è ancora meglio ora che i droidi sono scesi in campo. Cal è diventato molto più letale con la spada rispetto al capitolo precedente: gli arti vengono tagliati da attacchi pesanti (soldati e droidi allo stesso modo), gli insetti giganti possono essere completamente tagliati in due e a volte Cal sfodererà il suo blaster per una splendida esecuzione finale.
Esattamente, Cal ha un blaster ora. È una delle due nuove modalità di combattimento della con spada, che porta il totale a cinque: spada singola, doppia lama, doppia spada laser, blaster e crossguard. E’ impressionante il modo in cui Respawn è riuscita a far sembrare quella che è essenzialmente l’unica arma, come se fossero cinque armi distinte: ogni posizione ha un set di mosse unico, il proprio albero di abilità è vario sia per possibilità che per compromessi intrinseci: la lunga portata della spada a doppia faccia, ad esempio, la rende il re indiscusso dello sfoltimento ad area in situazioni con numerosi enmici, ma non colpisce così duramente. Le doppie spade infliggono rapidamente molti danni, ma devi impegnarti in lunghe combo che espongono i fianchi di Cal. La posizione di Crossguard (quella di Kylo Ren) è fondamentalmente una Claymore medievale: tagli e fenditure devastanti che richiedono un lungo periodo di ricarica. Ho optato per mantenere la posizione blaster e crossguard per la maggior parte del gioco perché i più divertenti da sperimentare. La posizione del blaster in particolare sembra perfettamente equilibrata. La metà degli attacchi diventa a distanza e le munizioni del blaster si ricaricano infliggendo danni con la spada. Gli attacchi all’arma bianca in modalità blaster imitano le mosse di scherma, che non colpiscono così duramente come la singola posizione dedicata alla spada, ma consentono di mantenere i nemici a distanza mentre ricarichiamo la pistola.
Gli alberi delle armi sono un sano mix di aggiornamenti incrementali e mosse completamente nuove, come una raffica di fendenti che ricaricano rapidamente il blaster. Dopo aver massimizzato l'albero del blaster e aver equipaggiato alcune abilità passive, sono riuscito a ripulire intere stanze senza dover mai toccare la spada, sicuramente l'equivalente jedi di una build magica in Elden Ring.
Il combattimento di Survivor colpisce molto meglio sia in varietà che in spettacolarità rispetto a quello di Fallen Order. Il tutto grazie ad un sapiente mix di nuove posizioni e vatietà di nemici. Il tutto lo diciamo, rende la difficoltà del gioco molto facilitata. Le ricariche di salute sono più facili da trovare e molti potenziamenti vengono distribuiti semplicemente facendo progredire la storia. Chiudiamo col dire che la durata principale del gioco si attesta intorno alle 20 ore, che arrivano a toccare la trentina abbondante qualora si decidesse di scovare tutti i collezionabili e completare tutte le missioni e modalità secondarie.
Tecnica Jedi
Potrebbe suonare strano, ma l'unico aspetto che ha minato la nostra esperienza, è stata la realizzazione tecnica: se da un lato un grande plauso va alla realizzazione artistica e grafica, splendida e spesso sorprendente nel riprodurre pianeti, fauna, flora e nemici; da un punto di vista tecnico, il gioco è dilaniato da bug e crash su Playstation 5, ma soprattutto la situazione risulta grave ed invalidante nella versione per PC. Anche con l'ultimo driver di Nvidia specificamente ottimizzato per il gioco, il framerate rallentava regolarmente. Attraversare le porte a volte innesca grossi cali di framerate per dieci secondi o più. I filmati spesso precipitano a 15-20 fps, interrompono o sovrappongono i dialoghi e di solito non si riprendono finché non si riprende il controllo. I rallentamenti èeggiori sembrano sempre verificarsi quando il gioco carica elementi in background.
L'utilizzo della mappa della galassia sulla nave di Cal fa precipitare ogni volta il framerate, presumibilmente perché si inizia a caricare il pianeta verso il quale si sta per viaggiare. Anche le prestazioni nelle parti più aperte di Koboh sono piuttosto scadenti. Su un RTX 2080 Super, i9-9900KS 4,00 GHz e 32 GB di RAM, sono stato fortunato a ottenere una media di 35 fps nel mondo semi-aperto. I livelli isolati giravano perfettamente a 80-90 fps, quindi c'è chiaramente qualcosa che non va nel modo in cui Respawn sta disegnando grandi spazi. Ho provato brevemente un'altra macchina (RTX 3060, Ryzen 7 5700G, 16 GB di RAM) e ho avuto gli stessi problemi. Fortunatamente, Respawn è a conoscenza del problema ed ha già messo in piedi un piano di aggiornamenti settimanali che andranno a fixare ed a migliorare le performance sia su console, ma soprattutto su PC. Un videogioco non dovrebbe mai uscire in queste condizioni e Jedi: Survivor era già stato posticipato una volta; un secondo posticipo sarebbe stato probabilmente impossibile, dato che il gioco si sarebbe andato a scontrare con un futuro periodo d’uscita saturo di giochi attesissimi e di altissima qualità come Zelda o Final Fantasy XVI. A parte la gravità in cui vessa il lato tecnico a cui vanno ad aggiungersi delle animazioni non sempre fluide e ben incastrate fra di loro; la produzione risulta validissima ed imponente, con una storia non dirompente, ma che si lascia godere, una fedele, particolareggiata ed esaltante messa in scena; un solido e divertente combat system, ma soprattutto un map-design vario ed ottimamente costruito e riempito il giusto di attività secondarie, personalizzazioni e collezionabili. Ad oggi uno dei migliori giochi di Star Wars in assoluto, sul podio insieme al sacro KOTOR.